Per chi non lo sa, Giuseppe Gorelli è un enologo celebre di Montalcino. La sua carriera vede collaborazioni con diverse aziende toscane, soprattutto del senese e del grossetano; fino al 2016 ha firmato tra l’altro i vini de Le Potazzine proprio a Montalcino. Conosce bene il sangiovese, lo ama e lo interpreta in chiave tradizionale, con maturazioni in botti grandi e uso di lieviti spontanei. Adotta un approccio poco interventista e sposa l’ideale della finezza più di quello della potenza dei vini.
Dal 2017 Giuseppe Gorelli ha una propria tenuta, un piccolo appezzamento di vigneti nell’alto della collina di Montalcino sul versante nord-ovest. Non sono vigneti qualunque, si badi bene, ma sono vigneti gestiti fino allora dalla cantina Lambardi, già celebre per la qualità dei propri vini. Grazie a questi vigneti Giuseppe Gorelli si è spogliato dei panni del consulente e ha iniziato a gestire il progetto enologico in completa autonomia, prendendo liberamente ogni decisione dalla gestione del vigneto alla commercializzazione dei prodotti. Ha creato una linea di etichette firmate Gorelli, fatta di piccole quantità di qualità eccellente. Le etichette comprendono un IGT Toscana, un Rosso di Montalcino DOC e un Brunello di Montalcino DOCG, tutte tre costituite da sangiovese in purezza.
Tanta era l’attesa per il suo Brunello, prodotto per la prima volta con la vedemmia 2018. Ha visto la luce solo a partire dal gennaio 2023, dopo il tempo di affinamento minimo imposto dal disciplinare della DOCG. Il Brunello di Montalcino 2018 è già tutto allocato, la cantina si è svuotata in un batter d’occhio. L’annata 2018 non è stata facile per colpa di un andamento stagionale instabile e soprattutto per piogge arrivate a ridosso dei giorni di vendemmia. Malgrado questo all’assaggio il Brunello di Montalcino di Gorelli è un capolavoro di eleganza e complessità. Veste il bicchiere di rosso carminio vivace. Porta al naso un bouquet floreale prima che fruttato, ricorda pesca, ciliegia, albicocca; profumi ben scanditi e intensi che si aprono ancora con essenze balsamiche e speziate, di anice stellato, chiodi di garofano, tabacco, sottobosco. Al palato lo distingue un tannino raffinato e setoso, che si allea con freschezza e salinità, creando una grande vibrazione ed una struttura slanciata. Si espande in lunghezza più che in larghezza, è saporito e destinato ad un lungo invecchiamento in bottiglia. Ma è già buonissimo così!
Del Rosso di Montalcino – che ha requisiti di affinamento più brevi – sono già uscite le annate 2018, 2019 e 2020. È un Rosso nient’affatto banale, quello di Gorelli, anzi vanta un’ottima struttura, una tensione di acidità e tannini preziosa insieme ad un impatto fruttato intenso. Pur essendo un vino giovane e subito godibile, ha tutti i presupposti per poter sostenere anche un invecchiamento in bottiglia.
L’IGT si chiama Brigo ed è il vino dalle piante più giovani, che danno uva meno concentrata, non idonea alla produzione di vini da lungo invecchiamento. Brigo è ottenuto da una vinificazione in acciaio senza utilizzo di botti di legno. Le uve vengono fatte fermentare con il 30% di grappoli non diraspati; al termine della fermentazione, dopo la svinatura, il vino svolge la fermentazione malolattica e riposa ancora circa un anno in acciaio per essere poi imbottigliato e pronto al consumo. È il Sangiovese dal gusto genuino e vivace, perfetto in ogni momento della giornata, ideale per un pubblico giovane e per un consumo spensierato e casual. In realtà è molto di più: esprime l’essenza del Sangiovese, senza contaminazioni del legno e del tempo: vive di grande purezza.